Agenzia Umbria Notizie
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vaccini anticovid-19, segnalazioni di reazioni avverse sospette nel periodo dal 1 gennaio al 22 marzo 2021

Perugia - Dal 1 gennaio al 22 marzo 2021, in Umbria, risultano inseriti nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) 835 casi di sospette reazioni avverse (ADR) ai vaccini anti Covid-19 su un totale di 79.312 dosi somministrate. Lo rende noto la Direzione regionale alla Salute.
   La percentuale di segnalazioni sul totale delle dosi somministrate è pari all’1,05%. Il tasso di segnalazione per 100.000 dosi in Umbria, pari a 1050/100.000 dosi, è sostanzialmente in linea con il dato medio nazionale che è di 729 segnalazioni per 100.000 abitanti (risalente al 26 febbraio 2021, circa un mese prima dell’attuale dato umbro).
   Nel 79% dei casi, la reazione avversa ha interessato il sesso femminile, con un rapporto femmine/maschi pari a circa 3:1. Nel 96% dei casi (799 su 835) di segnalazione si è trattato di una reazione avversa giudicata “non grave”.
   Al momento della segnalazione, l’86% (722 su 835) delle reazioni avverse segnalate era definitivamente risolto, il 4% (34 su 835) è stato giudicato in “miglioramento”, l’8% (70 su 835) risultava “non ancora guarito”, l’1% (7 su 835) riportava una “risoluzione con postumi”. In circa l’1% (3 su 835) delle segnalazioni il dato di esito non era disponibile.
   Relativamente al tipo di reazione avversa, sono state segnalate prevalentemente quelle già note per questi vaccini. Tra le principali: reazioni locali o sistemiche (febbre, brividi, dolore in sede di iniezione, stanchezza, malessere) in circa il 33% dei casi; reazioni interessanti il sistema muscoloscheletrico (mialgia, artralgia) circa il 20% dei casi; disturbi interessamento il sistema nervoso (cefalea, parestesie) circa il 18% dei casi; disturbi del tratto gastrointestinale (nausea, diarrea) nel 9% dei casi.
   La durata media delle reazioni è stata di circa 4 giorni.
Nella maggior parte dei casi il segnalatore della reazione avversa è stato il medico (56%), seguito dal farmacista e dal cittadino (entrambe 16%) e da altro operatore sanitario (12%).


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